
Nella puntata precedente di questa miniserie sul lavoro del paleontologo abbiamo visto come si trovano e come si scavano i fossili ... ma cosa succede una volta che sono stati trovati, portati alla luce, imballati e spediti?
Quando il fossile giunge in museo, si provvede a ripulirlo dalla roccia che ancora lo racchiude o lo incrosta, e a consolidarlo indurendo le aree più deboli con soluzioni chimiche e resine, per proteggerlo dal degrado; questo delicatissimo lavoro prende il nome di preparazione e può durare anche mesi.
La preparazione può essere di due tipi:
Esami come le radiografie ai raggi X e le Tomografie Assiali Computerizzate (TAC) e il sincrotrone permettono di "vedere" i fossili senza rimuovere le rocce che li avvolgono. Questi esami sono indispensabili per studiare il fossile quando le ossa sono troppo piccole e delicate per essere preparate, e possono anche servire al preparatore come "mappa" per poter rimuovere la roccia nei punti giusti quando i resti sono sepolti così profondamente da rendere difficile seguirne la posizione.
Una volta preparati, i fossili possono risultare estremamente fragili, troppo pesanti da maneggiare o scientificamente troppo delicati per poter essere esposti in maniera efficace garantendone la conservazione. In tutti questi casi devono essere custoditi con cautela, al riparo dalla luce, dalla polvere e da possibili incidenti.
In situazioni del genere i paleontologi realizzano delle copie molto fedeli agli originali e di manutenzione assai più semplice, utili sia per lo studio sia per le esposizioni nei musei.
I calchi
Per prima cosa i tecnici preparatori fanno aderire uno strato di gomma siliconica al fossile, che ne ricalca la forma in negativo.
Lo stampo così prodotto è poi riempito con resina o gesso che, una volta induriti, ricalcano perfettamente la forma dell'osso originale.
Questa copia, detta calco, viene poi colorata rispecchiando fedelmente il colore del fossile.
Le copie virtuali
Il fossile può essere copiato virtualmente trasformandolo in un file 3D, tramite la scansione con laser scanner e TAC (tomografia assiale computerizzata),
o realizzando numerose fotografie in sequenza che vengono poi elaborate dal computer (tecnica della fotogrammetria).
Il file tridimensionale così ottenuto può essere anche stampato con una stampante 3D.
- Simone Maganuco